venerdì 1 maggio 2009

Ansa e Upi in rete: un oceano di distanza?

Sono tante le agenzie di stampa italiane che forniscono servizi e notiziari a livello nazionale. Tra di essi la più prestigiosa è senza dubbio l’Ansa, sia per la propria storia che per i numeri che può mettere in campo. L’Agenzia Nazionale della Stampa Associata fu istituita nel gennaio del 1945, per sostituire la storica Agenzia Stefani, ed attualmente è una cooperativa di trentasei soci editori dei principali quotidiani italiani. Può vantare ventidue sedi in Italia, 400 giornalisti (quattro volte tanto quelli della seconda agenzia più strutturata, l’Agi), e una media di 1300 notizie al giorno. Questi numeri così imponenti si riflettono però in negativo sulla versione on-line, perché danno vita ad un’informazione eccessiva e disordinata. Negli ultimi anni anche le agenzie di stampa hanno infatti deciso di sfruttare le potenzialità della rete forti di due caratteristiche intrinseche che ben si sposano con internet: la sinteticità e l’aggiornamento in tempo reale.
Il sito dell’Ansa non viene meno a queste due peculiarità (in alto è presente per esempio un ticker dove scorrono gli ultimi lanci d’agenzia), ma li offre all’utente in maniera troppo disordinata. Le notizie sono distribuite all’interno delle cinque colonne senza una gerarchia che permetta di individuare quelle più importanti, o di capire la categoria a cui appartengono. Le sezioni “Primo piano”, “In breve”, “Speciali”, “Approfondimenti” e “Altre notizie” non sono ordinate e distinte in maniera chiara, ed al centro della pagina campeggia una foto con alcuni articoli collegati che non viene in alcun modo etichettata e che entra in contrasto con la notizia in primo piano situato a fianco. La pagina risulta inoltre troppo scritta, perché di tutte le notizie viene fornito l’attacco, e questo dà un’impressione di pesantezza e di scarsa leggibilità.
Facendo un salto al di là dell’oceano siamo andati a visitare il sito di un’agenzia di stampa statunitense, l’Upi (United Press International), per paragonare le due versioni on-line. Anche in questo caso si tratta di un’agenzia storica fondata nel 1907 dal magnate Edward Wyllis Scripps, che dopo alcuni problemi finanziari è stata acquistata nel 2000 dalla “US Media Corporation” del reverendo evangelista Pat Robertson.
La homepage strutturata su tre colonne appare molto leggera e leggibile. Delle notizie appare solo il titolo, cliccando sul quale si può leggere il testo intero. Nel frame di sinistra è visibile un rullo continuamente aggiornato di dieci foto-notizie da scorrere, mentre sotto compare la sezione delle “Top news”. Al centro della pagina una foto introduce l’articolo sulla questione del giorno “Issue of the Day”; sotto di essa l’elenco con le notizie più recenti “Latest Headlines”. Tutte le altre notizie sono invece ordinate sotto il titolo della sezione di appartenenza. Nella barra in alto sono infine visualizzate le varie sezioni, ma non è presente un ticker con i lanci d’agenzia. Un servizio che l’Upi ha deciso di non fornire ai propri utenti, a differenza di quanto fatto dall’Ansa.
Confrontate anche voi i due siti e dite la vostra.

martedì 28 aprile 2009

Agenzie di stampa e diritto d'autore: il caso AP

Ogni giorno 15 mila giornali, radio e televisioni di tutto il mondo utilizzano i servizi dell'Associated Press. L’AP, attiva negli Stati Uniti dal 1848, è una delle agenzie di stampa più autorevoli e sviluppate del pianeta, potendo contare su 3700 dipendenti e 242 uffici di corrispondenza. Nel corso della sua lunga storia ha raccolto quarantanove premi Pulitzer, trenta dei quali per i propri servizi fotografici. L’agenzia ha un archivio online di 10 milioni di foto su 500 mila soggetti ed annovera alcuni dei migliori fotografi di tutto il mondo, che permettono all’AP di distribuire più di mille foto ogni giorno. Proprio per colpa di una di queste foto è nata negli ultimi tempi una controversia legale tra l’agenzia e il disegnatore Shepard Fairey, autore di alcuni manifesti per la campagna elettorale di Barack Obama.
Il disegno di Fairey è stato eseguito di prima mano, partendo però da una foto scattata da Mannie Garcia per conto dell’AP. Dal momento che l’artista non ha in alcun modo fatto riferimento alla proprietà della foto, l’agenzia ha deciso di denunciarlo per violazione del copyright.
Fairey ha ammesso di essersi ispirato alla foto, che avrebbe trovato facendo una ricerca su Google Images, ma ha fatto appello alle eccezioni presenti nelle normative del copyright che permettono di usare liberamente un prodotto intellettuale altrui purché utilizzato per scopi di rilievo sociale e non di lucro, e finché non confligga con lo sfruttamento commerciale dell’opera. A testimonianza di ciò Fairey ha confermato che il disegno si può scaricare liberamente dal suo sito internet, ed ha anche aggiunto che dopo il suo disegno il valore della foto di Garcia è “sicuramente aumentato”(clicca qui per leggere le dichiarazioni che Fairey ha rilasciato in merito).
La questione legale è ancora aperta, ma già il pubblico si è diviso tra sostenitori e accusatori di Fairey: da una parte stanno quelli che chiedono la circolazione gratuita dei prodotti culturali nella rete, dall’altra invece chi difende a spada tratta il diritto alla protezione dell’opera intellettuale.
Questa controversia ha quindi rinnovato l’annoso problema del copyright e della libertà d’espressione in rete. L’arrivo di internet ha costretto in questi anni a rivedere le leggi in materia di diritto d’autore e a ridiscutere lo stesso concetto di proprietà intellettuale. Proprio in virtù della facilità di circolazione nella rete, le leggi e le pene sono state inasprite, ma di converso si sono anche sviluppati fenomeni come il copyleft e le creative commons. Da quale delle due parti andrà la storia?