venerdì 8 maggio 2009

Una "rosa" senza spine: ovvero la notizia la fai tu.


Da ieri la versione online della “Gazzetta dello Sport” ha subito un nuovo restyling. Il sito della “rosa” di Milano era già uno dei migliori sulla piazza per interattività e grafica, ora è arrivato quest’ulteriore passo in avanti. Visitandolo si notano subito i nuovi accorgimenti grafici che rendono le pagine più leggere e semplici da navigare. I contenuti sono stati maggiormente verticalizzati, i servizi e i prodotti connessi sono stati divisi per area tematica in modo che ognuno possa raggiungere facilmente l’area d’interesse.
Ma la linea guida principale seguita dalla redazione è stata un’altra: far entrare i lettori nella notizia. Come? Permettendogli di commentare le notizie e dire la propria sugli argomenti di discussione proposti.
In fondo in un paese come il nostro, dove ci sono 56 milioni di commissari tecnici e dove lo sport è sempre stato l’argomento di discussione preferito, gli articoli dei quotidiani sportivi hanno spesso rappresentato delle “spine”, qualcosa che dava fastidio, perché ognuno aveva la propria opinione e la riteneva migliore di quella del giornalista che aveva scritto il pezzo. Ora che la visione di eventi sportivi è alla portata di tutti questo fenomeno si è esteso ulteriormente, trasformando ogni telespettatore in un potenziale giornalista sportivo.
La Gazzetta ha cavalcato quest’onda. Le “spine” sono state ridotte al minimo, qualche riga di notizia corredata da foto e video e poi spazio ai commenti dei lettori, ai forum di discussione. Un altro ulteriore passo in avanti è stata la creazione di “GazzaSpace”, la community di Gazzetta.it: iscrivendosi è possibile commentare gli articoli, creare una propria pagina e fondare gruppi con chi condivide le stesse passioni. Insomma un’iniziativa in pieno stile “Facebook”.
Secondo voi è un modello esportabile anche agli altri quotidiani online o si tratta di un’anomalia dovuta alla particolarità del giornalismo sportivo.
Visitate il sito della Gazzetta e dite la vostra.

martedì 5 maggio 2009

Le classifiche non le fa solo Bowen Craggs

Se dico Bowen Craggs & Co penso saprete tutti a cosa mi riferisco. Nell’ormai lontana ultima lezione il prof. Alfonso ci ha fatto scoprire questo gruppo d’analisi legato al “Financial Times” che ogni anno valuta i siti web delle imprese commerciali di tutto il mondo e stila una classifica dei migliori. Anche dalle nostre parti però non siamo sprovvisti di premi e classifiche.
Lo scorso 24 aprile l’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale ha assegnato i sei premi “Innovazione 2009”. Nata nel 1990 con lo scopo di diffondere la cultura della comunicazione e garantire la professionalità dei comunicatori pubblici, l’associazione giudica annualmente progetti già attivi in amministrazioni che operano in diversi settori e servizi nazionali. Quest’anno sono stati 72 i progetti giudicati.
Nel caso di Bowen Craggs i criteri di giudizio erano ben esplicitati, ed abbracciavano otto punti:
1) Struttura del sito; 2) Messaggio comunicato; 3) Contatti; 4) Servizi per la comunità; 5) Servizi per i media; 6) Servizi per gli investitori; 7) Servizi per chi cerca lavoro; 8) Servizi per i clienti.
Per quanto riguarda l’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica i criteri sono più generici e fanno riferimento semplicemente ad un utilizzo moderno ed avanzato delle nuove tecnologie nella pubblica amministrazione.
Tra i sei premi spicca quello assegnato al sito della Farnesina, perché è l’unico Ministero premiato tra le 72 Istituzioni prese in considerazione. La motivazione è stata la seguente: “Per il miglioramento del sito nell'ampiezza delle informazioni disponibili che riguardano insieme l'attività' del ministero, delle strutture all'estero e del ministro. I servizi disponibili sono stati implementati e scanditi in un’ottica di comunicazione di servizio più vicina alle esigenze pratiche dei fruitori”. Una definizione molto generica (sicuramente distante dalla precisione di Bowen Craggs & Co) che non può nemmeno essere presa come modello dalle amministrazioni che volessero provare a migliorare i propri siti. Eppure di modelli positivi ne servirebbero in gran quantità vedendo i giudizi negativi espressi nei confronti dei servizi web delle istituzioni pubbliche ( clicca qui per saperne di più).