sabato 25 aprile 2009

Giornalismo a "pezzi"

C’era una volta l’informazione con la “I” maiuscola. Quella dei giornali sotto braccio con la testata ben visibile, dei telegiornali nazionali dell’ora di cena e delle radio ascoltate in macchina al ritorno dal lavoro. Un’informazione fissata quotidianamente da esperti artigiani capaci di intagliare perfettamente il flusso nodoso delle notizie e di lasciare sul tavolo a fine giornata statuette levigate e rassicuranti, simboli che racchiudevano sensi e significati, idoli che restituivano la realtà in una manciata di sillabe e immagini. Quell’informazione c’è ancora, ma non ha più la “I” maiuscola, ed è costretta a competere con una miriade di altre fonti portatrici di significati. Tutta colpa del web che ha disseminato l’informazione, l’ha resa fluida, impalpabile, multiforme.
Gli idoli sono stati infranti, e i loro resti fluttuano nella rete sotto forma si schegge impazzite. Schegge di frasi, di canzoni, di volti, di visioni a cui bisogna dare un senso. Sono schegge che viaggiano veloci nella corrente e che bisogna imparare a fermare senza farsi del male. Perché le schegge pungono, sia chi ci lavora per mestiere sia chi le osserva da utente, anche se la distinzione tra queste due categorie è ormai molto labile. Con le nuove tecnologie chiunque può infatti diventare non solo produttore di schegge ma anche portatore di senso, con tutti i rischi connessi. Prima di tutto quello che l’informazione si trasformi in mera comunicazione, e diventi inattendibile, falsa e interessata.
Il web rappresenta il futuro per il giornalismo. Chi si occuperà di informazione nelle rete dovrà però imparare ad usare un linguaggio diverso, sempre meno solido, sempre più frammentato.

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